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martedì 19 agosto 2008

No alle foto col cellulare!

Visto che muoio ogni volta che vedo una persona che fotografa la Torre di Pisa o un tramonto con il cellulare, ho deciso di realizzare questo banner (per tutti coloro che, amanti della fotografia, la pensano come me)

mercoledì 13 agosto 2008

Cortona - Siena - San Gimignano: Viaggio nella bellezza

Le 17.00 di martedì 12 agosto 2008; mi accingo alla scrittura del diario post-avventura della durata di un giorno e mezzo attraverso il Senese con Francesco Bogliari, conosciuto anche come "il mi babbo", con il quale ho potuto ammirare splendidi paesaggi, degustare piatti al contempo semplici e ricchi di sapori, catturare magnifiche vedute illuminate da tramonti tracciati a perfezione dalla mano della natura, quasi a sfumare nella semplicità degli alberi verdi sui quali piccoli volatili trovan pace e serenità.
Nella prima tappa, Cortona, abbiamo avuto l'onore di avere con noi lo zio Gianfranco, che con la sua gran cultura e la sua semplicità nel divulgarla, ci ha trasportato in un viaggio artistico che ha avuto come incipit l'Annunciazione del Beato Angelico: silenzio iniziale, poi versi onomatopeici che in qualche modo cercavano di esprimere il nostro stupore di fronte a tanta bellezza e infine la spiegazione ricca di dettagli. Le vesti drappeggiate che rendono corposi le figure umane, il colore dorato (adoperato più per fini "commerciali" che artistici), la domanda dell'angelo e la risposta della vergine scritta al contrario, i singoli dettagli presenti nella sequenza di episodi che comunicano fra loro, divisi da strutture architettoniche che non spezzano l'armonia della scena, i simboli cristiani dipinti con gran cura, la simbologia rappresentata dalla cacciata dall'eden fino alla salvezza (con la nascita di Cristo), il cielo stellato che si interseca con la cornice definiscono tale opera come tra le più belle della storia dell'arte... Per non parlare poi delle tavole di Signorelli e Lorenzetti. Una piccola sala che ci fa grandi nel mondo.
E così, una volta assistito a quello che chiamo un miracolo dell'uomo, ci avventuriamo nel paese; le tonalità di colori sono maledettamente e magnificamente sporche e, come se la stessa natura le avesse unite fra loro, si mischiano al verde anch'esso non pulito delle persiane, alternandosi ogni tanto al bianco e nero delle insegne dei tabacchi e a quelle invece in stile antico dei ristoranti e trattorie. Gli archi a tutto sesto creano irregolarità con i portoni rettangolari pittati di marrone poco candido, e, come se non bastasse, ognuno di questi elementi è segnato dal tempo, come si denota dalle crepe sui muri o sotto le tettoie. La vista è magnifica, ma è nulla in confronto alle tappe successive.
La visita di Cortona ci ha stimolato l'appetito; una volta seduti a riposare attorno a un tavolino all'ombra, alquanto affamati, abbiamo proceduto con le ordinazioni: 3 bistecche fiorentine. Nell'impeto della fame le insalate, che sarebbero dovute servire da contorno, son state divorate in pochi minuti. Satolli, ci siamo indirizzati verso la macchina, e, una volta lasciato salutato lo zio alla stazione, abbiamo iniziato il viaggio padre-figlio.
Il territorio e il paesaggio durante il viaggio si facevano sempre più brulli e desertici.
Montepulciano è stata la prima tappa. L'entrata immette nel primo vicolo, il quale è caratterizzato dai tipici elementi dei borghi: le differenti altezze dei tetti, la disarmonia armonica delle sfumature di colore, l'alternanza delle persiane chiuse e aperte rigorosamente marrone terra o verde erba. Giungiamo poi nella zona più trafficata, in cui è possibile degustare vini e prodotti locali. Alle finestre sono appese le bandiere delle diverse contrade, cosa che fa parte della cultura senese. La vista ci propone ettari ed ettari di campi coltivati e il verde con le sue svariate sfumature si incontra con giallo del grano, i cui campi sono resi ancor più interessanti dalla sinuosità delle curve non regolari che si estendono su tutta la superficie. E nella magnificenza del paesaggio, proprio in mezzo alla natura, sotto la città, sorge la chiesa di S.Biagio, a croce greca e coronata da un'alta cupola.
Dopo pochi chilometri, eccoci a Pienza (che la guida del Touring definisce come "città ideale" dell'urbanistica rinascimentale) di fronte al Palazzo comunale. Il colore marrone chiaro dei mattoni si armonizza completamente con il cielo azzurro-blu di sfondo e la perfezione geometrica e architettonica dell'edificio riesce comunque a inserirsi in un contesto irregolare. L'odore di pecorino ci attira vicino ai locali che vendono prodotti gastronomici del luogo (ma noi, muniti di paraocchi, passiamo avanti). Dalla Piazza Pio II ci è possibile osservare la facciata della Cattedrale, tripartita da arcate e sovrastata da un timpano. In questo caso anche il bianco panna sporco della facciata crea un tutt'uno con lo sfondo chiaro che si sfuma pian piano.
Una volta di nuovo in macchina, non posso non fermarmi per ammirare un paesaggio tanto meraviglioso: una stradina, segnata dalle orme di pneumatici, è avvolta a destra da un campo concimato e a sinistra da una distesa che racchiude in sé centinaia di marroni diversi. Se attraversata a piedi o anche solo seguita con lo sguardo, porta a una villetta molto semplice costruita con mattoni gialli scuri e le persiane hanno il tipico colore senese, il verde, che fa pendant con una fila singola di favolosi cipressi, i quali sono di differente altezza e coprono e scoprono a intervalli irregolari ciò che vi è alle loro spalle.
Passati per Buonconvento arriviamo all'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, è raggiungibile da due stradine, entrambe ripide, avvolte da cipressi e querce molto alti. E, una volta usciti da questi sentieri che sembrano quasi ambienti montani, ci si trova davanti alla chiesa quattrocentesca, costruita mattoncini del colore tipico delle Abbazie.
I campi che troviamo fra l'Abbazia e Asciano e fra Asciano e Siena - la cosiddette "Crete"- sono brulli, desertici, incurvati, con dossi come sabbia, e la luce che batte sopra di essi li rende ancor più lucenti e morbidi, come se ci si potesse sprofondare dentro.
Alcune stradine sterrate, strette e sconnesse, sono delimitate da una serie quasi infinita di cipressi (quest'immagine mi ricorda molto la strada alberata che porta alla villa nel film "Il Gladiatore") e le vaste distese di grano ai lati sono tagliate da linee quasi perfette che si arrampicano sulle dune e formano giochi di ombre e di chiaroscuro straordinari da vedere.
In un solo scorcio è possibile avere di fronte a sé una gamma incredibile di colori: l'ombra li attenua e l'occhio si abitua così alla vista di un dipinto, che si estende divenendo scuro un po' alla volta e di tanto in tanto viene squartato romanticamente da una linea di cespugli bassi. Le dune che pian piano si vanno a innalzare con sensualità, mostrano nell'oscurità la loro faccia nascosta, fino a che il terreno non si smorza nel momento in cui il nostro sguardo è arrivato all'apice dell'emotività causata dalla vista di tale bellezza, un punto d'arrivo della ragione e dell'istinto umano che portano alla ricerca continua (ed unica nel suo genere) del bello.
Dopo la vista di un paesaggio del genere, l'animo ne viene in qualche modo dolcemente colpito e toccato, a tal punto che ognuno di noi entra in una nuova ottica e inizia ad apprezzare la semplicità che si cela (o che a volte è fin troppo visibile) all'interno di ogni elemento (naturale oppure artificiale), cosicchè, in modo a volte voluto, altre volte invece spinti dal subconscio, siamo spinti alla continua ricerca del senso della vita in queste semplici cose. Tutto ciò senza soluzione di continuità.
Chiusa questa parentesi filosofica, riprendo la descrizione del viaggio.
Ed ecco così che giungiamo a Siena verso le 8 di sera e subito vengo colpito dall'armonia contorta che i palazzi creano, anch'essi di diverse altezze, colorate di varie "carnagioni", vissute, è quasi come se i mattoni fossero incastonati attorno alle verdi persiane che risaltano al primo sguardo, e non il contrario. Torrioni medievali rosati si spalleggiano fra i tetti marroncini spioventi.
Si è fatto scuro; il babbo mi dice di chiudere gli occhi, li riapro pochi secondi al suo "aprili adesso". Di fronte a me una visione visione paradisiaca: sono in Piazza del Campo e ho davanti il Palazzo Pubblico. Nella sua regolarità delle forme è geometricamente perfetto... poi basta indirizzare lo sguardo alla torre e ogni idea di perfezione sparisce e si rimane incantanti dinanzi alla disarmonia che viene a crearsi nella nostra mente. Il semicerchio alle mie spalle è un alternarsi di palazzi rinascimentali e gotici (nel medesimo stile del Palazzo Pubblico) e tutta la piazza è inclinata verso un unico punto, come un enorme scivolo sensibile alla bellezza che lo circonda. Tra la piazza e gli edifici vi sono svariati ristoranti e in questi giorni i tavolini poggiano sulla terra preparata appositamente per il Palio (che si terrà tra quattro giorni). E così, entrambi affascinati davanti a questo luogo fantastico, ci godiamo una birra fresca seduti sulle gradinate su cui si siederanno le persone per assistere alla corsa ippica.
La luna fa capolino fra i tetti sgangherati che mi ricordano molto la Parigi romantica jazzistica degli Aristogatti; e come è presente un crescendo dell'altezza dei tetti, vi è nel contempo un climax sentimentale.
Altro luogo imponente che ha fatto la storia e la fa tutt'ora è la sede del Monte Paschi di Siena ("la Banca!"). Le illuminazioni ben disposte riescono a dare maggior potenza ai colori grigiastri e gialli dei muri.
Dopo una notte passata a non dormire, afflitto dal caldo e dal letto scomodo, e una colazione che più triste non si può, usciamo dall'albergo alle 9. Il babbo mi mostra la scuola di perfezione musicale, nella quale insegnano i migliori musicisti al mondo; il cortiletto interno accessibile a tutti è una piccola chicca, abbellito da un pozzo di marmo che si differenzia dal colore roseo dei mattoncini sovrastati alcune volte da tetti spioventi, altre volte da figure geometriche tipiche del mondo medioevale, altre volte ancora da piccoli camini.
E' poi la volta del Duomo. A esser sincero preferisco la parte laterale, rispetto alla facciata centrale, che trovo molto pomposa (il cosiddetto "gotico fiorito"). La torre alterna mattoni bianchi a mattoni verdi acqua e le colonne crescono da una a cinque, mantenendo sempre grande ordine. Questo innalzarsi al cielo ricorda molto la volontà di avvicinarsi il più possibile a dio e le finestre anch'esse gotiche slanciano verticalmente l'intero edificio. L'ombra su questo tipo di marmo e su queste tonalità di colori, crea una sorta di bassorilievo, come se una parte della chiesa fosse un po' più in fuori. Guardando il Duomo dal basso verso l'alto dalle scale che scondono verso il Battistero, l'effetto ottico che viene a crearsi è quello di un grande slancio verso il cielo, quasi a formare una sola figura con esso.
Insomma, dopo aver visto Siena si rimane sconvolti dalla bellezza del suo insieme e dei singoli elementi.
Dopo poco ci fermiano a Monteriggioni, piccolo borgo circondato da una cerchia muraria che dà l'idea di una fortezza, mentre le soffici nuvole accarezzano il campanile in pietre grige e rossastre della chiesa. Sosta per i pellegrini, accoglie le persone con una semplicità unica.
Infine, come ultima tappa, eccoci a San Gimignano. Il paesaggio racchiude tutto quanto visto in precedenza. E' un collage di colture, culture, storia, amore, bellezza estetica e interiore. L'uomo, in centinaia di anni, ha antropizzato la natura, riuscendo a utilizzarla sia per ricavarne prodotti, sia per donare alla comunità una natura esteticamente splendida. Ulivi, viti, cespugli, cipressi, campi di grano, dune sinuose e querce convivono fra loro e creano un paesaggio indescrivibile.
L'interno è un borgo: archi, lampioni antichi, persiane e i tetti come sempre uno più alto, uno più basso. Lo sguardo non focalizza mai su un singolo elemento, poiché non è possibile dare giudizi... l'insieme è perfettamente disarmonico ed è imperferzione dell'armonia. Ogni vicolo, ogni piazza, ogni luogo di questo paese è sempre differente a seconda dalla posizione da cui si guarda. E' come se fosse un borgo diverso per ogni angolazione. Bisognerebbe trovare un aggettivo per ogni singolo mattone, ogni singola persiana, ogni singolo tetto e così via.
San Gimignano andrebbe percorsa sui tetti, e credo proprio che dopo un'esperienza del genere cambierebbero molte altre vedute.
All'ora di pranzo mangiamo in un ristorante molto piccolo. Per il babbo un risotto alle erbe aromatiche che fa esplodere in bocca i sapori della terra, delle spezie, del luogo e di qualcosa che non è nella lista delle cose commestibili ma che è nelle nostre menti, per me un'ottimo maiale grigliato con olio che si scioglie in bocca. (anche il cibo ha la sua filosofia).
Finito il pranzo e finito un ultimo giro ci rimettiamo in macchina per tornare dai nonni a Marina di Pietrasanta.
In questo diario non ho raccontato tutto, perché sarebbe stato impossibile farlo e non sarei riuscito a descrivere tutte le emozioni provate durante quest'avventura col babbo.
Però la cosa che posso dire e di cui sono sicuro è che "gite" di questo tipo fanno bene alla mente e al cuore. Danno voglia di conoscere, di scoprire, di viaggiare, di addentrarsi nei vicoli, di camminare pian piano nelle chiese, di visitare musei... e poi si rimane di stucco di fronte a paesaggi magnifici, ci si inizia a innamorare della semplicità delle cose e si entra in mondo non accessibile a tutti... l'importante è aver voglia di fare e di girare con le persone giuste, come in questo caso il babbo!

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